Monne e Madonne
Il Seicento a Napoli, un altro Rinascimento

dipinti dalla Collezione della Fondazione De Chiara De Maio
Mostra e catalogo a cura di Vincenzo De Luca

Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma
Via del Caravita, 8a, 00186 Roma RM

Dal 01 dicembre al 07 gennaio 2023 

Monne e Madonne
Il Seicento a Napoli, un altro Rinascimento

dipinti dalla Collezione della Fondazione De Chiara De Maio
Mostra e catalogo a cura di Vincenzo De Luca

Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma
Via del Caravita, 8a, 00186 Roma RM

Dal 01 dicembre al 07 gennaio 2023 

COMUNICATO STAMPA DELLA MOSTRA

Venerdì 1 dicembre 2023 alle ore 11.00 nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma sarà inaugurata la mostra “Monne e Madonne. Il Seicento a Napoli, un altro Rinascimento”.

L’esposizione sarà visitabile gratuitamente fino al 7 gennaio 2024, secondo gli orari di apertura al pubblico della Chiesa.

Alla mostra, ideata e curata dallo storico dell’arte Vincenzo De Luca, è associato il catalogo. La pubblicazione, edita da FondazioneDe Edizioni, è arricchito dagli interventi del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del rettore della Chiesa di Sant’Ignazio, Padre Vincenzo D’Adamo SJ, del presidente della Fondazione, Diodato De Maio, dello psicologo Gaetano Criscitiello.

L’evento gode del patrocinio morale del Ministero dell’Interno. Si ringrazia la Direzione Centrale degli Affari dei Culti del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, proprietaria della Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola.

La selezione partirebbe cronologicamente con una tavola di Marco Pino da Siena che risente del Giudizio Universale del Buonarroti, il San Michele arcangelo databile verso la metà del XVI sec. In una Napoli addolcita dalla maniera di Raffaello (in una cappella nella chiesa di San Domenico Maggiore c’era dal 1513 la sua Madonna del pesce, oggi al Prado di Madrid, che aveva fatto scuola e influenzato molti pittori), arrivò con Marco Pino anche la rivoluzione michelangiolesca (corpi decisamente muscolosi, movimenti serpentinati e nervosi, impostazione d’assieme chiaramente drammatica). Il suo stile sembra preparare un inizio secolo caravaggesco (nel 1606 arriva a Napoli il Merisi, destando l’ambiente pittorico da un lungo torpore).

L’ultima opera napoletana di Caravaggio, il Martirio di Sant’Orsola, rivive (anche per analogo impianto iconografico) in due tele dello stesso soggetto del secondo e quinto decennio del Seicento.

La prima tela, di Giovanni Bernardino Azzolino, presenta un forte debito con Caravaggio, interrompendo così il proprio percorso artistico sul classicismo. La santa al centro ruba la scena a tutti gli astanti, interdetti. Il soldato nel registro di sinistra lo si ritrova in una seconda opera di Azzolino in mostra, la Flagellazione di Cristo, che a sua volta rimanda a quella di Caravaggio, dello stesso soggetto, di San Domenico Maggiore a Napoli, oggi a Capodimonte.

Nel Martirio di Sant’Orsola di Filippo Vitale, sull’esempio di quello del Caravaggio, la santa è colta nella sua solitudine spirituale, serena nel proprio dolore, anzi spinta dalla sofferenza fisica verso una ricercata ascesi capace di disarmare le convinzioni dell’assassino. In Vitale come in Caravaggio la luce, con alta valenza simbolica, addolcisce le rotondità della santa diventando invece fortemente spigolosa sui soldati.

Di qualche anno dopo, poco oltre la metà del Seicento, è il San Sebastiano e le pie donne di Luca Giordano, il cui riferimento diretto è Jusepe de Ribera. Qui le figure di Irene e della serva (rare nell’iconografia di San Sebastiano), defilate visivamente rispetto al corpo del santo trafitto dalle frecce, vanno invece considerate le protagoniste del dipinto, perché giustificano il vero significato dell’opera, che allude in generale alla funzione della Chiesa misericordiosa.

Inoltre, sono presenti in mostra opere di Salvator Rosa, Pedro Nuñez del Valle, Francesco Guarini, Francesco Solimena.